domenica 1 novembre 2015

Il Caso Marino e il Fallimento della Democrazia Rappresentativa


 

IL CASO MARINO E IL FALLIMENTO DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA 

“Forse qua non ci siamo capiti. Chi non segue le indicazioni del partito non sarà ricandidato”.
Con queste parole, che hanno causato la dimissione forzata dei consiglieri PD e la caduta del sindaco di Roma Ignazio Marino, il presidente del partito democratico Matteo Orfini ha mostrato il vero volto della democrazia rappresentativa: pura tirannia. 

Cosa serve ancora per capire che la rappresentanza politica non ha mai funzionato e non funzionerá mai? Che l'atto stesso di delegare è incompatibile con la democrazia? Quanta gente dobbiamo ancora sentir dire: "eh, ma vi sono anche persone perbene!", che non riescono a capire che il sistema rappresentativo le persone per bene le costringe comunque ad obbedire altrimenti le caccia e gli nega per sempre i fondi per le campagne elettorali? 

Sbaglia Peter Gomez, nel suo editoriale di ieri pubblicato su Il Fatto Quotidiano e intitolato "Dàgli al politico? Prima guardiamoci allo specchio", a sostenere ancora una volta la tesi che ogni popolo ha il governo che si merita, e che è colpa degli italiani collusi se lo stato è corrotto. Basta con questo sterile fatalismo da bar. Chiunque studi la natura umana sa bene che nell'uomo vi è sia la capacità di agire nel rispetto degli altri che quella di calpestarli. Sono le regole e le dinamiche proprie dell'ambiente in cui si viene a trovare di volta in volta che fanno attivare l'uno o l'altro istinto. 

Ed è proprio qui che bisogna cercare le cause di quello che sta distruggendo la nostra società. Nelle dinamiche create dal modo in cui è organizzata. Poichè purtroppo è il sistema stesso che è fallato e che, non essendo in grado di funzionare per difetti intrinseci della sua architettura, degenera spontaneamente ogni volta fino a causare e favorire corruzione a tutti i livelli. 

Questo sistema è quello verticistico e oligarchico della democrazia rappresentativa, quello in cui a governare sono i pochi invece dei molti. Troppo potere concentrato nelle mani di pochi rende questi capaci di dettare le regole e di privilegiare amici o raccomandati a proprio piacimento. E' inevitabile che tutta la società poi finisca per entrare in un orbita clientelare centrata intorno a questa oligarchia. 

Bisogna invertire le regole e le dinamiche, ritornando alla vera forma di democrazia di Solone e di Pericle, che al suo vertice aveva l'ecclesia, l'assemblea di tutti coloro che avevano la cittadinanza Ateniese, e non pochi eletti a cui si cede come oggi tutto il potere nella ingenua e vana speranza che questi poi agiscano nell'interesse di chi li ha eletti. Il potere deve essere distribuito su tutta la popolazione, e il solo modo di fare questo si chiama democrazia diretta. 

Ovvero una democrazia senza eletti e senza quegli ormai inutili intermediari che tengono le fila del sistema nelle loro mani, e dove invece il potere è direttamente nelle mani dei cittadini tutti, e dove alla oligarchia di un migliaio di parlamentari facilmente corruttibili o ricattabili si sostituisca l'assemblea permanente di tutti i cittadini aventi diritto al voto. 

Un sistema dove non si votano più le facce di pochi privilegiati a cui delegare la sovranità, ma si votano direttamente le leggi, nel merito e in base a pareri di commissioni tecniche che studino e informino i cittadini sulle conseguenze e sull'impatto che tali leggi avranno sulla nostra vita e sulla società. 

Un sistema dove non vi è un rubinetto centrale di oligarchi a cui tutti sono costretti ad abbeverarsi e raccomandarsi, producendo inesorabilmente clientelismo, nepotismo e scambi di tangenti, ma un paese dove ogni singolo individuo è una fonte di quell'acqua e questa è diffusa e divisa equamente tra tutti. 

La democrazia rappresentativa è infatti simile ad un deserto dove l'acqua viene da una sola fontana centrale presso cui tutti devono chinarsi ad elemosinare od a leccare i piedi dei suoi guardiani per averne un sorso. 

La democrazia diretta invece è come una terra fertile e rigogliosa, irrorata da mille ruscelli e sorgenti e dove l'acqua zampilla da ogni roccia, raggiungendo tutti allo stesso modo. 

Quell'acqua è la sovranità popolare che un pugno di furbi ha sottratto con l'inganno al popolo, raccogliendola nel loro giardino recintato e riservandosi il diritto di amministrarla, e con cui ora tengono in ostaggio il popolo assetato. 

E' venuto il tempo di riprendersi quell'acqua e di farla rifluire su tutta la valle liberamente, usando la rete di canali di internet che oggi lo rendono possibile, e porre fine all'oligopolio che produce solo corruzione, inefficienza e abuso di potere. 

Si cambino le regole del gioco e si passi alla democrazia diretta: e allora vedremo se sarà più possibile sostenere la tesi che la colpa sia del popolo e non del concetto politico peggiore e più truffaldino che l'uomo abbia mai inventato: quello della delega senza mandato imperativo. 

Una mostruosità paragonabile solo all'idea di consentire agli ambasciatori di dichiarare guerra o sottoscrivere trattati con altri stati di loro spontanea iniziativa, senza dover consultare ed obbedire alle decisioni del paese che rappresentano. 

Eppure questa assurdità viene spacciata per legittima quando si parla di forme di governo, e si fa finta di cercare le colpe chissà dove. Basta.


1 commento :

  1. Lo dico da anni ed ora mi sono proprio stufato. Chi mi viene a scassare le balle colle "rappresentanze" lo caccio a malo modo. Bisogna ridurre drasticamente le dimensioni dei gruppi di pressione (e di opinione), onde farli confrontare fra loro più facilmente sui contenuti, controllando, in rete, che i gruppi siano autentici e variabili a seconda dei temi. Che non siano, in altre parole, dei programmi automatici che generano consensi, nè manipolatori umani. Infine, a morte la democrazia per alzata di mano. Basta con questo gusto sanguinario di schiacciare le minoranze con delle maggioranze. Se siamo in una comunità e intendiamo mantenerla (presupposti fondamentali, su cui decidere lucidamente se aderire o no), il voto deve servire come composizione del conflitto per cui si vota (se no sarebbe l'unanimità) e non per esasperarlo. La decisione scaturita dal voto deve assolutamente essere la MENO ostile a tutti. L'azata di mano violenta questo principio. Se mi viene proposta, da tempo, mi alzo e me ne vado, insultando il consesso che l'ha prodotta. Sono fatto così....

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